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Fratta-Gorzone, le preoccupazioni dei cittadini non sono ideologiche, minimizzare lo è

Le acque del Fratta-Gorzone sono un problema, annoso, che non dipende esclusivamente dalla presenza di Pfas. È come un enorme carrello della spesa, carico di sostanze chimiche, che arriva bello carico a valle, andando a sbattere contro la vita quotidiana dei cittadini e le attività agricole. Poiché questo schianto si ripete ogni anno, è evidente che vi siano delle responsabilità diffuse, non attribuibili a chi denuncia quanto sta accadendo.


Sia i dati Arpav sia la campagna ‘Operazione fiume’, condotta da Legambiente, hanno fornito dati utili a cittadini, amministratori e consorzi. Il quadro che emerge evidenzia una gamma di inquinanti che comprende senza dubbio i Pfas, attribuibili soprattutto alle attività industriali nel vicentino, ma anche pesticidi e batteri fecali, questi ultimi ancora nei limiti consentiti, ma in quantità superiore ai valori usuali, conferibili a un ventaglio di responsabilità più esteso. Qualcuno lamenta i costi esorbitanti di una eventuale bonifica di questo fiume, questione che non ignoro soprattutto alla luce del fatto che tali costi spesso gravano esclusivamente sulle spalle degli enti pubblici e restano a costo zero per chi inquina.


Tuttavia, è evidente che in assenza di una consolidata azione di monitoraggio si rischia di perpetuare una situazione che è grave. Trincerandosi dietro al benaltrismo economico e se chi inquina non ha nulla da temere, come si pensa di porre soluzione a un problema che riguarda soprattutto i cittadini? Nessun fiume è dotato di modalità auto-pulente.



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